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ALLOCUZIONE
HOC IPSO
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO VII

 

 

Il Papa Pio VII. Venerabili Fratelli.

Da questo stesso luogo, Venerabili Fratelli, vi abbiamo annunciato di aver dato inizio al Concordato con la Maestà imperiale dei Francesi, allora Primo Console della Repubblica, e vi abbiamo comunicato il gaudio con il quale il Dio di ogni consolazione aveva inondato il Nostro cuore per la conversione al bene della Religione Cattolica in quelle vastissime e popolatissime regioni: conversione che fece seguito allo stesso Concordato. Infatti, da allora, i sacri templi furono riaperti e purificati da quelle profanazioni che avevano sciaguratamente subito; furono di nuovo innalzati gli altari e il vessillo della salutifera Croce; richiamato il vero culto di Dio; celebrati nuovamente, in libera e pubblica forma, gli augusti misteri della Religione; restituiti ai popoli i legittimi pastori, con facoltà di pascolare il proprio gregge. La Religione Cattolica riemerse dalle segrete in cui era stata costretta ad occultarsi e di nuovo fu posta nella luce meridiana di quell’inclita Nazione; ricondusse tante anime da un deviante cammino al grembo dell’unità, riconciliate con se stesse e con Dio, procurando al Nostro cuore fondati motivi di esultante e diffusa letizia nel Signore.

Tutto ciò, simile a mirabile impresa, suscitò allora nell’animo Nostro sensi di profonda gratitudine verso il potentissimo Principe che esercitò ogni sua autorità nel condurre a termine quel Concordato; pertanto il ricordo di quell’opera sprona continuamente il Nostro cuore, in ogni occasione propizia, a mostrarci verso di lui animati dagli stessi sentimenti.

Invero lo stesso potentissimo Principe, carissimo figlio Nostro in Cristo, Napoleone, Imperatore dei Francesi, che ha tanto egregiamente meritato della Religione Cattolica per le ragioni che abbiamo detto, a Noi espresse il vivo desiderio di essere unto con il sacro unguento e di ricevere da Noi la corona imperiale, in modo che quella solenne cerimonia assuma un carattere religioso al più alto grado e attiri largamente le celesti benedizioni.

Una tale richiesta accompagnata con siffatti sentimenti, non solo Ci offerse una luminosa testimonianza di religiosità e di filiale riverenza verso questa Santa Sede, ma fu associata anche a esplicite dichiarazioni con cui l’Imperatore Ci assicurò la sua costante volontà di giovare sempre più alla santissima Fede, per riparare alle disgrazie della quale in quelle fiorenti regioni si era tanto adoperato. Infatti negli scritti che a Noi volle inviare, rivelò con eloquenti parole questa sua intenzione. A Noi fece sapere che lo scopo del Nostro viaggio in Francia non era solo la cerimonia dell’imposizione della corona sul suo capo, ma anche la rivendicazione, da parte sua, di una notevole quota degli affari ecclesiastici, da trattare in colloqui tra Noi, in modo che il loro esito riuscisse di somma utilità per il progresso della Religione e per il bene dei popoli.

Vedete dunque, Venerabili Fratelli, quanti giusti e impellenti motivi Ci inducono ad intraprendere questo viaggio. Ci sospingono il bene della Nostra Religione santissima e la gratitudine verso il potentissimo Imperatore il quale ha usato tutta la sua autorità (come abbiamo detto) perché la Religione Cattolica fosse liberamente professata in Francia e fosse pubblicamente praticata; ora Ci mostra un animo proclive ad accrescere il prestigio delle Religione stessa.

Ci innalziamo a grande speranza, dunque, nell’intraprendere questo viaggio per suo invito e nel parlare con lui viso a viso, convinti di poter conseguire dalla sua saggezza tali vantaggi per la Chiesa Cattolica (unica arca di salvezza) che potremo gioire d’aver concluso finalmente la vertenza della santissima Religione. Invero una tale speranza si sostiene non tanto sulla pochezza delle Nostre parole, quanto sulla grazia di Colui del quale, senza merito, facciamo le veci in terra; grazia che, invocata con le preci e con i sacri riti, ampiamente si effonde nel cuore dei Principi i quali, rettamente disposti a intuire gli effetti di questa sacra cerimonia (essendo i padri dei popoli solleciti della eterna salute), vogliono vivere e morire come veri figli della Chiesa Cattolica.

Per queste ragioni, Venerabili Fratelli, seguendo gli esempi dei Nostri predecessori i quali, talvolta, abbandonata la propria Sede per un certo tempo, si trasferirono in lontane regioni per propiziare il bene della Religione e per gratificare i Principi che avevano acquisito meriti verso la Chiesa, affrontiamo questo viaggio, sebbene la sua lunghezza, la stagione dell’anno meno adatta, l’età ormai declinante e la Nostra salute malferma, avrebbero dovuto assolutamente dissuaderci. Ma di ciò non C’importa nulla, purché Dio esaudisca le preghiere del Nostro cuore.

Certo non sfuggirono all’animo Nostro le questioni da tenere bene in vista, prima di prendere una cosi grave decisione, ma le abbiamo tutte considerate e ponderate. In questa ampia riflessione, essendosi a Noi presentate varie difficoltà, da alcune delle quali la Nostra coscienza veniva resa incerta ed esitante, per ordine dell’Imperatore Ci furono trasmesse risposte e dichiarazioni tali che, considerata ogni questione, Ci persuasero in tutto della opportunità del Nostro viaggio per conseguire quel bene della Religione che Ci siamo proposti. Non è il caso, tuttavia, di insistere su questo particolare argomento con più diffuso discorso, dato che voi avete approfondito ogni aspetto della questione e dato che Noi, prima di decidere alcunché in un affare di tanta importanza, abbiamo sollecitato le vostre opinioni e, come è naturale, le abbiamo tenute in gran conto.

Certamente non trascureremo ciò che è soprattutto necessario nell’affrontare le decisioni più importanti, onestamente consapevoli (conforme al detto della Divina sapienza) di quanto siano timide le riflessioni dei mortali e incerta l’antiveggenza Nostra; abbiamo agito in modo che uomini insigni per integrità di costumi (le cui orazioni come incenso salgono al cospetto di Dio) elevassero continue e insistenti preghiere al Padre della luce affinché, sotto la Sua guida, Noi compissimo solo quelle azioni che fossero gradite ai Suoi occhi e convenissero al bene e all’incremento della Chiesa.

Dio, al cui cospetto umilmente trabocca il Nostro cuore, e al quale spesso abbiamo proteso le Nostre mani nel suo santo tempio, perché esaudisse la Nostra supplice voce, e fosse il Nostro soccorso, è testimone che Noi Ci siamo proposti soltanto ciò che dobbiamo proporci nell’affrontare ogni situazione, ossia la Sua maggior gloria, il vantaggio della Religione Cattolica, la salvezza delle anime, e l’adempimento della missione apostolica che Ci fu affidata da Dio, sebbene immeritevoli. Voi stessi siete testimoni, Venerabili Fratelli, che Noi vi volemmo partecipi e consapevoli di ogni questione per poterci giovare dei vostri consigli e che Noi vi mettemmo pienamente a parte dei Nostri più intimi sentimenti. Pertanto, condotta a termine una così delicata trattativa con tale criterio, con l’aiuto divino e nella fiducia che operiamo nel nome di Dio Nostro Salvatore, con animo alacre Ci affidiamo al viaggio al quale siamo sospinti da motivi tanto importanti. Dio, Padre delle misericordie, benedirà, come speriamo, i Nostri passi e illuminerà questa epoca con l’accrescimento della Religione e della sua gloria.

Secondo l’esempio dei Nostri predecessori, e soprattutto secondo quello recentissimo del Papa Pio VI di venerata memoria, che prese la stessa decisione quando stava per recarsi a Vienna, vi assicuriamo, Venerabili Fratelli, che Noi abbiamo già disposto e ordinato ogni cosa in modo da garantire che la Curia e l’udienza delle cause insieme con i ministri Nostri e di questa Santa Sede, dopo la Nostra partenza dall’Urbe (alla quale decideremo di ritornare perché lo richiede il governo di tutta la Chiesa e del Nostro Stato) rimangano nella situazione e nella condizione in cui ora si trovano. E siccome siamo preoccupati dell’eventualità della morte, che a tutti è imposta pur essendone incerto il giorno, seguendo gli stessi esempi dei Nostri predecessori e quello recente di Pio VI in procinto di partire per Vienna, decidemmo di prevenire e di prevedere in modo che si tengano a Roma le assemblee pontificali nel caso in cui Dio volesse sottrarci alle vicende umane durante la Nostra assenza dall’Urbe.

Da ultimo vi chiediamo e vi scongiuriamo ardentemente di conservare per sempre quella volontà che aveste in comune con Noi e di raccomandarci ancor più, quando saremo assenti, a Dio onnipotente e al Signor Nostro Gesù Cristo e alla Sua gloriosissima Vergine Madre e al beato apostolo Pietro affinché sia prospero e fortunato il Nostro viaggio e possa conseguire un esito felice. E se, come speriamo, otterremo tale grazia da Dio autore di ogni bene, voi, Venerabili Fratelli, che chiamammo a parte delle Nostre decisioni e di ogni questione, avrete anche grande parte del comune gaudio, e tutti esulteremo e gioiremo nella misericordia di Dio.

 



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