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VIDEOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL CARD. MARIO AURELIO POLI, ARCIVESCOVO DI BUENOS AIRES,
IN OCCASIONE DEL PRIMO SINODO ARCIDIOCESANO
IN PREPARAZIONE AL GIUBILEO PER I 400 ANNI DELL'ARCIDIOCESI

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Cari fratelli e sorelle,

Il cardinale Poli mi ha chiesto se potevo registrare un messaggio per questa Giornata Sinodale e io lo faccio con piacere. Seguo il Sinodo da qui, attraverso il bollettino diocesano che, dato che ora esce con immagini, con foto, capisco meglio, e sì, state lavorando molto. Inoltre so che il cardinale ha visitato già quasi tutte le parrocchie durante questo tempo sinodale; le aveva già visitate prima, ma per parlare con le comunità parrocchiali. Ossia, si vede che c’è movimento. E il Sinodo è questo: muoversi, camminare, camminare insieme, mettersi d’accordo. E, quando cammini, si presuppone che incontri qualcuno, e che parli e che ascolti, e che rifletti. Ossia, camminare perché ci siano incontro, ascolto e riflessione. La cosa più difficile sapete qual è? La seconda: l’ascolto. Perché mentre l’altro mi sta parlando, io già sto pensando a quello che gli devo dire. No, ascoltalo tranquillo. E poi, ciò che senti, diglielo, ma prima ascolta: “l’apostolato dell’orecchio”. Per favore, non ve ne dimenticate, è molto importante.

La Chiesa, durante questo cammino, deve essere benedetta, perché camminare insieme per crescere insieme, nella Chiesa particolare, attira la benedizione di Dio. E in questo cammino incontrerete cose molto buone e cose non tanto buone. Per non essere negativo, inizio da quelle non buone, così lascio quelle buone per la fine, come il dessert. Vorrei indicare tre difficoltà, tre cose da cui dovete guardarvi in questo cammino.

Primo, il clericalismo. Camminare in sinodalità è che tutta la comunità diocesana, parrocchiale e collegiale, per esempio, un collegio, cammina insieme. Tutti sono popolo di Dio. A volte dispiace quando in una parrocchia l’unica cosa che fanno i fedeli è vedere quello che dice il parroco, e il parroco smette di essere pastore per essere capo. No, tutti. Vi faccio una domanda. Per esempio, nella tua parrocchia, c’è un consiglio per gli affari economici? Nella tua parrocchia, c’è un consiglio pastorale? “No, fa tutto il parroco”. Ebbene, lì siete in puro clericalismo. Allora, guardatevi dal clericalismo che è una perversione nel corpo della Chiesa. È l’intero popolo di Dio, questo è la Chiesa, e tutti camminano insieme. Camminare per trovare ciò che Dio vuole, per manifestare la fede, per rallegrarci con la fede. Allora, primo, il pericolo che c’è sempre nella Chiesa è il clericalismo. Difendetevi!

Secondo, la mondanità spirituale. Vivere il Vangelo ma con criteri mondani. No, il Vangelo si vive con criteri evangelici. Vivere mondanamente... Non so, dico cose un po’ pour la gallerie, ma non dal cuore, con i valori umani che il Signore ci ha dato e con i valori cristiani che ci ha rivelato. Allora, guardatevi dalla mondanità. Vedete che questa non è una battuta mia; è quello che Gesù chiese al Padre per i discepoli: “Non ti chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li preservi, li custodisca perché non cadano nello spirito del mondo”. E lo spirito del mondo penetra in noi da ogni lato, da ogni lato! “Ora va di moda questo — e tutti lì, dietro quella moda —, ora va di moda quest’altro, ora va di moda pensare così...”. E, dentro questa mondanità, tenete gli occhi aperti, non “bevetevi” qualsiasi cosa.

C’è una parola che a me dice molto. Guardatevi dalle “colonizzazioni ideologiche”. “Colonizzare”: noi siamo stati colonia, tutta l’America Latina è stata colonia, l’Africa è stata colonia, l’Asia è stata colonia... Allora pensiamo che colonizzare è che vengono i conquistatori, prendono il territorio e comandano, perché così abbiamo visto nella storia. Ma c’è anche la colonizzazione della mente, la “colonizzazione ideologica”, quando da altre parti t’impongono criteri che non sono né umani né della tua patria, e ancor meno cristiani: questa è mondanità. Vivere ingenuamente. Allora, secondo pericolo: la mondanità.

Il terzo pericolo, che per me è quello che più debilita le comunità ecclesiali, è il pettegolezzo. Il pettegolezzo è come il morbillo, che si diffonde sempre più, e non si può più vivere senza criticare l’altro. Guardatevi dai pettegolezzi! Leggete quello che dice l’apostolo Giacomo sui pettegoli. Quante volte sentiamo dire: “Oh, quella signora è molto buona, va ogni domenica a messa, va tutti i giorni a messa, ma è una pettegola”. Bel servizio che fa alla Chiesa una persona così! C’è un rimedio per non essere pettegoli: mordetevi la lingua. Vi si gonfierà, ma così guarirete. E quando hai voglia di fare un commento, di criticare qualcuno, anche solo di fare un’insinuazione, morditi la lingua e chiedi a Gesù di toglierti questo vizio. Noi portegni siamo pettegoli, ma non solo noi, ovunque. Ma noi siamo pettegoli con una certa brillantezza.

Che in questo cammino sinodale ognuno faccia lo sforzo di non dire mai una parola, un commento che sminuisca l’altro.

I tre pericoli che incontrerete nel cammino — in questo cammino che è d’incontro, di ascolto e di riflessione —, sono: il clericalismo, la mondanità e il pettegolezzo. Difendetevi da essi. “Va bene Padre. E ora, quali sono le certezze?”. Le certezze non le puoi avere prima del cammino; non c’è assicurazione sulla vita, non c’è assicurazione sul cammino per questo. Ogni giorno devi porti dinanzi a Dio e camminare. “Sì, ma, con quale certezza, padre, lo faccio? Hai due certezze che sono infallibili: primo, le beatitudini. Mettiti nello spirito delle beatitudini. Le beatitudini, quali sono? Sarei tentato di chiedervi di dirle a voce alta. Penserò male, ma credo che neppure la metà dello stadio le conosca a memoria. Le beatitudini... prendi il Vangelo di Matteo e leggile. E se le vuoi più brevi prendi quello di Luca, che lì sono più brevi; ma lo spirito è lo stesso; lo spirito delle beatitudini. Ciò che Gesù vuole dal discepolo, dalla discepola è questo. Queste sono le cose belle e sono le certezze. Con loro, con quest’aria, con questo clima di beatitudine, il Sinodo non fallirà. Ve lo assicuro. Le beatitudini.

E l’altra certezza è leggere il protocollo in base al quale saremo giudicati. E il protocollo in base al quale Gesù si esprimerà su questo sinodo, quando finirà. E ce l’hai in Matteo 25: le opere di carità. Ma bisogna ascoltarle come le dice il Signore. Leggete tutti i giorni — quelli che vogliono camminare in sinodo — leggete tutti i giorni le beatitudini, e Matteo 25, e così sarete certi.

Cammino, non state fermi, camminate per incontrarvi, per ascoltarvi, per riflettere insieme. Difendetevi dal clericalismo, dalla mondanità e dal pettegolezzo. E rafforzatevi con le beatitudini e con Matteo 25. E tutto ciò con la preghiera, la cosa più importante di tutto quello che ho detto è quest’ultima. Pregare, pregare come Gesù ci ha insegnato. Pregare gli uni per gli altri: per quelli che sono in cammino, per quelli che non vogliono camminare, per quelli che camminano male, per quelli che sono lontani, per la Chiesa arcidiocesana, per l’arcivescovo. Pregare. E in questo spirito di preghiera, certamente il Sinodo sarà un successo. Che Dio vi benedica e, già che pregate, pregate anche per me. Grazie.


(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVIII, n.247, 30/10/2018)



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