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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE
IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA

[22-25 SETTEMBRE 2018]

SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Area del Santuario della Madre di Dio di Aglona (Lettonia)
Lunedì, 24 settembre 2018

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Potremmo ben dire che ciò che San Luca narra all'inizio del libro degli Atti degli Apostoli si ripete oggi qui: siamo intimamente uniti, dedicati alla preghiera e in compagnia di Maria, nostra Madre (cfr 1,14). Oggi facciamo nostro il motto di questa visita: “Mostrati Madre!”, manifesta in quale luogo continui a cantare il Magnificat, in quali luoghi si trova il tuo Figlio crocifisso, per trovare ai suoi piedi la tua salda presenza.

Il Vangelo di Giovanni riporta solo due momenti in cui la vita di Gesù incrocia quella di sua Madre: le nozze di Cana (cfr 2,1-12) e quello che abbiamo appena letto, Maria ai piedi della croce (cfr 19,25-27). Parrebbe che l'evangelista sia interessato a mostrarci la Madre di Gesù in queste situazioni di vita apparentemente opposte: la gioia di un matrimonio e il dolore per la morte di un figlio. Mentre ci addentriamo nel mistero della Parola, Ella ci mostri qual è la Buona Notizia che il Signore oggi vuole condividere con noi.

La prima cosa che l’evangelista fa notare è che Maria sta “saldamente in piedi” accanto a suo Figlio. Non è un modo leggero di stare, neppure evasivo e tanto meno pusillanime. È, con fermezza, “inchiodata” ai piedi della croce, esprimendo con la postura del suo corpo che niente e nessuno potrebbe spostarla da quel luogo. Maria si mostra in primo luogo così: accanto a coloro che soffrono, a coloro dai quali il mondo intero fugge, accanto anche a quelli che sono processati, condannati da tutti, deportati. Non soltanto vengono oppressi o sfruttati, ma si trovano direttamente “fuori dal sistema”, ai margini della società (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 53). Con loro c’è anche la Madre, inchiodata sulla croce dell’incomprensione e della sofferenza.

Maria ci mostra anche un modo di stare accanto a queste realtà; non è fare una passeggiata o una breve visita, e nemmeno è un “turismo solidale”. Occorre che coloro che patiscono una realtà di dolore ci sentano al loro fianco e dalla loro parte, in modo fermo, stabile; tutti gli scartati della società possono fare esperienza di questa Madre delicatamente vicina, perché in chi soffre permangono le piaghe aperte del suo Figlio Gesù. Lei lo ha imparato ai piedi della croce. Anche noi siamo chiamati a “toccare” la sofferenza degli altri. Andiamo incontro alla nostra gente per consolarla e accompagnarla; non abbiamo paura di sperimentare la forza della tenerezza e di coinvolgerci e complicarci la vita per gli altri (cfr ibid., 270). E, come Maria, rimaniamo saldi e in piedi: con il cuore rivolto a Dio e coraggiosi, rialzando chi è caduto, sollevando l’umile, aiutando a porre fine a qualunque situazione di oppressione che li fa vivere come crocifissi.

Maria è chiamata da Gesù ad accogliere il discepolo amato come suo figlio. Il testo ci dice che erano insieme, ma Gesù si accorge che non basta, che non si sono accolti a vicenda. Perché si può stare accanto a tantissime persone, si può anche condividere la stessa abitazione, il quartiere o il lavoro; si può condividere la fede, contemplare e godere gli stessi misteri, ma non accogliere, non esercitare un’accettazione amorevole dell’altro. Quanti coniugi potrebbero raccontare la storia del loro essere vicini ma non insieme; quanti giovani sentono con dolore questa distanza rispetto agli adulti; quanti anziani si sentono freddamente accuditi, ma non amorevolmente curati e accolti.

È vero che, a volte, quando ci siamo aperti agli altri, questo ci ha fatto molto male. È anche vero che, nelle nostre realtà politiche, la storia dello scontro tra i popoli è ancora dolorosamente fresca. Maria si mostra come donna aperta al perdono, a mettere da parte rancori e diffidenze; rinuncia a recriminare su ciò che “avrebbe potuto essere” se gli amici di suo Figlio, se i sacerdoti del suo popolo o se i governanti si fossero comportati in modo diverso, non si lascia vincere dalla frustrazione o dall'impotenza. Maria crede a Gesù e accoglie il discepolo, perché le relazioni che ci guariscono e ci liberano sono quelle che ci aprono all’incontro e alla fraternità con gli altri, perché scoprono nell’altro Dio stesso (cfr ibid., 92). Monsignor Sloskans, che riposa qui, dopo essere stato arrestato e mandato lontano scriveva ai suoi genitori: «Vi chiedo dal profondo del mio cuore: non lasciate che la vendetta o l’esasperazione si facciano strada nel vostro cuore. Se lo permettessimo, non saremmo veri cristiani, ma fanatici». In tempi nei quali sembrano ritornare mentalità che ci invitano a diffidare degli altri, che con statistiche ci vogliono dimostrare che staremmo meglio, avremmo più prosperità, ci sarebbe più sicurezza se fossimo soli, Maria e i discepoli di queste terre ci invitano ad accogliere, a scommettere di nuovo sul fratello, sulla fraternità universale.

Ma Maria si mostra anche come la donna che si lascia accogliere, che accetta umilmente di diventare parte delle cose del discepolo. In quel matrimonio che era rimasto senza vino, col pericolo di finire pieno di riti ma arido di amore e gioia, fu lei a ordinare che facessero quello che Lui avrebbe detto loro (cfr Gv 2,5). Ora, come discepola obbediente, si lascia accogliere, si trasferisce, si adatta al ritmo del più giovane. Sempre costa l’armonia quando siamo diversi, quando gli anni, le storie e le circostanze ci pongono in modi di sentire, di pensare e di fare che a prima vista sembrano opposti. Quando con fede ascoltiamo il comando di accogliere e di essere accolti, è possibile costruire l’unità nella diversità, perché non ci frenano né ci dividono le differenze, ma siamo capaci di guardare oltre, di vedere gli altri nella loro dignità più profonda, come figli di uno stesso Padre (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 228).

In questa, come in ogni Eucaristia, facciamo memoria di quel giorno. Ai piedi della croce, Maria ci ricorda la gioia di essere stati riconosciuti come suoi figli, e suo Figlio Gesù ci invita a portarla a casa, a metterla al centro della nostra vita. Lei vuole donarci il suo coraggio, per stare saldamente in piedi; la sua umiltà, che le permette di adattarsi alle coordinate di ogni momento della storia; e alza la sua voce affinché, in questo suo santuario, tutti ci impegniamo ad accoglierci senza discriminazioni, e che tutti in Lettonia sappiano che siamo disposti a privilegiare i più poveri, a rialzare quanti sono caduti e ad accogliere gli altri così come arrivano e si presentano davanti a noi.


RINGRAZIAMENTO AL TERMINE DELLA MESSA

Cari fratelli e sorelle,

al termine di questa celebrazione, ringrazio il vostro Vescovo per le parole che mi ha rivolto. E voglio dire grazie di cuore a tutti coloro che in diversi modi hanno collaborato per questa visita. In particolare, esprimo viva riconoscenza al Presidente della Repubblica e alle Autorità del Paese per la loro accoglienza.

Offro in dono alla Santa Madre di Dio, in questa “Terra Mariana”, una speciale corona del Rosario: la Vergine vi protegga e vi accompagni sempre.

 



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