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[ IT  - LA ]

PAPA EUGENIO IV

EXULTATE DEO*

22 novembre 1439

 

BOLLA DI UNIONE DEGLI ARMENI

 

CONCILIO DI FIRENZE (17° ECUMENICO)

26 febbraio 1439 - agosto (?) 1445

SESSIONE VIII

Eugenio vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetua memoria.

Esultate in Dio, nostra forza, acclamate al Dio di Giacobbe (Sal 80, 2), voi tutti che avete il nome di cristiani. Ecco, infatti, il Signore, ricordandosi, nuovamente della sua misericordia (Lc 1, 54), si è degnato rimuovere dalla sua chiesa il peso di un dissenso che durava da oltre novecento anni. Colui che mantiene la pace nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama (Lc 2, 14), ci ha concesso, nella sua ineffabile misericordia, la desideratissima riunione degli Armeni.

Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione (2 Cor 1,34 ). Infatti, il Signore pieno di misericordia vedendo che la sua chiesa, ora ad opera diquelli di fuori (1 Tm 3,7) ora da quelli che sono dentro, è turbata da non piccole difficoltà, si degna consolarla e rinfrancarla quotidianamente in molti modi, perché possa prendere fiato tra le angustie e far fronte anche alle più difficili.

Prima ha ristabilito nello stesso vincolo di fede e carità con la Sede apostolica l'unione dei Greci che comprendono molte nazioni e lingue, diffuse in ampie e lontane regioni; oggi, quella del popolo Armeno, numeroso sia verso settentrione che verso oriente.

Questi sono benefici così grandi e meravigliosi della divina pietà, che la mente umana non è in grado di rendere degnamente grazie alla divina maestà, neppure per uno di essi. Come non ammirare immensamente il fatto che, in così breve tempo, siano giunte felicemente a termine in questo sacro concilio due opere così insigni e desiderate per tanti secoli?

Veramente ecco l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi (Sal 117, 23). Quale prudenza o umana abilità infatti, avrebbe potuto compiere tali e così grandi cose, se la grazia di Dio non le avesse iniziate e concluse?

Lodiamo quindi e benediciamo di tutto cuore il Signore perché egli solo ha compiuto meraviglie (Sal 135, 4). Cantiamo a lui col cuore, con la mente, con la bocca e con le opere (Cfr. 1 Cor 14, 15), com’è possibile all'umana fragilità, rendiamo grazie per tanti doni, pregandolo e scongiurandolo che come i Greci e gli Armeni si sono uniti con la chiesa romana, così avvenga per le altre nazioni, in particolare per quelle segnate dal sigillo di Cristo, e finalmente tutto il popolo cristiano, spenti gli odi e le guerre, goda e riposi in una pace vicendevole e nella fraterna carità.

Riteniamo che gli stessi Armeni siano meritatamente degni di grandi lodi. Infatti non appena li abbiamo invitati al sinodo, quasi avidi dell'unità della chiesa, hanno mandato a noi e a questo sacro concilio, con poteri sufficienti per esaminaretutto quello che lo Spirito santo avesse suggerito a questo santo sinodo, i loro ambasciatori, nobili, devoti e dotti, da regioni lontanissime, sottoponendoli a molte fatiche e ai pericoli del mare.

Da parte nostra, desiderando con tutto il cuore, come è proprio del nostro ministero pastorale, concludere un'opera così santa, abbiamo spesso conferito con quegli stessi ambasciatori a proposito di questa santa unione. Ε per non tardare neppure un momento in questa santa impresa, abbiamo scelto da ogni stato di questo sacro concilio uomini dottissimi nel diritto divino e umano, i quali con ogni impegno, studio e diligenza, discutessero del problema con gli ambasciatori, informandosi scrupolosamente quale fosse la loro fede sia sull’unità della divina essenza e la Trinità delle divine persone, sia sull'umanità di nostro signore Gesù Cristo, sui sette sacramenti della chiesa e altri punti relativi all'ortodossia e ai riti della chiesa universale.

Dopo molte discussioni e confronti, dopo un accurato esame delle testimonianze tratte dai santi padri e dai dottori della chiesa e un dibattito sui problemi in questione, finalmente, perché in futuro presso gli Armeni non sorga alcun dubbio sulla verità di fede e in tutto consentano con la Sede apostolica così che l'unione resista senza incrinature, stabilmente e per sempre, abbiamo giudicato utile con l'approvazione di questo sacro concilio fiorentino e il consenso degli stessi ambasciatori, presentare con questo decreto, in un breve compendio, le verità di fede professate su questi argomenti dalla chiesa di Roma.

Prima di tutto esponiamo loro il santo simbolo, promulgato dai centocinquanta vescovi nel concilio ecumenico di Costantinopoli, con l'aggiunta Filioque, legittimamente e con ragione inserita nello stesso simbolo a chiarimento della verità e per una necessità pressante, il cui contenuto è il seguente: Credo ... . Stabiliamo che questo santo simbolo, come avviene presso i Latini, sia cantato o letto in tutte le chiese degli Armeni, durante la messa solenne almeno nelle domeniche e nelle maggiori festività.

In secondo luogo trasmettiamo loro la definizione del quarto concilio di Calcedonia, rinnovata poi nel quinto e nel sesto concilio universale, sulle due nature nella stessa persona di Cristo, che è cosi formulata: Sufficeret ... .

In terzo luogo riportiamo la definizione delle due volontà e delle due operazioni del Cristo, promulgata nell'accennato sesto concilio, del seguente tenore: Sufficeret quidem ..., con tutto ciò che segue nella stessa definizione del concilio di Calcedonia riferita più sopra, fino alla fine, cui segue: Et duas... .

In quarto luogo abbiamo costatato che gli Armeni, fino a questo momento, eccetto i tre sinodi di Nicea, di Costantinopoli e il primo di Efeso, non hanno riconosciuto nessun altro sinodo universale successivo, e non hanno nemmeno accettato il beatissimo vescovo di questa sede, Leone, per la cui autorità era stato convocato il concilio di Calcedonia, sostenendo di aver avuto notizia che sia il concilio di Calcedonia, sia papa Leone avevano formulato la loro definizione in accordo con la maledetta eresia di Nestorio. Data questa situazione abbiamo loro chiarito e abbiamo dichiarato che tale insinuazione era falsa e che il concilio di Calcedonia e il beatissimo Leone avevano definito in modo giusto e retto la verità sopra ricordata delle due nature del Cristo in una sola persona contro le empie definizioni di Nestorio e Eutiche. Così abbiamo ingiunto loro di riconoscere e venerare in futuro come santo lo stesso beatissimo Leone, colonna della vera fede, pieno di santità e dottrina e giustamente iscritto nell'elenco dei santi. Inoltre, come tutti gli altri fedeli, dovranno accettare con rispetto non solo i tre sinodi citati, ma anche tutti gli altri concili universali, legittimamente celebrati per autorità del romano pontefice.

In quinto luogo per facilitare la comprensione agli Armeni di oggi e di domani, abbiamo redatto in questa brevissima formula la dottrina sui sacramenti: I sacramenti della nuova legge sono sette: battesimo, confermazione, eucarestia, penitenza, estrema unzione, ordine e matrimonio, e differiscono molto dai sacramenti dell’antica legge. Quelli, infatti, non producevano la grazia, ma prefiguravano soltanto che questa sarebbe stata concessa per la passione di Cristo. Questi nostri sacramenti, invece, sia contengono in sé la grazia sia la comunicano a chi li riceve degnamente. Di essi, i primi cinque sono ordinati alla perfezione individuale di ciascuno, gli ultimi due al governo e alla moltiplicazione di tutta la chiesa.

Mediante il battesimo, infatti noi rinasciamo spiritualmente; con la confermazione cresciamo nella grazia e ci irrobustiamo nella fede. Una volta rinati e fortificati, siamo nutriti col cibo della divina eucarestia. Se col peccato ci ammaliamo nell'anima, con la penitenza veniamo spiritualmente guariti. L'estrema unzione ci guarisce spiritualmente e anche corporalmente, come più giova all'anima. Con il sacramento dell’ordine la chiesa è governata e moltiplicata spiritualmente, mediante il matrimonio cresce materialmente.

Tutti questi sacramenti constano di tre elementi: delle cose che costituiscono la materia, delle parole che sono la forma e della persona del ministro che conferisce il sacramento, con l'intenzione di fare quello che fa la chiesa. Se manca uno di questi elementi, non si ha il sacramento.

Tra questi sacramenti, ve ne sono tre: battesimo, confermazione e ordine, che imprimono nell'anima un carattere indelebile, ossia un segno spirituale che distingue dagli altri, per cui non possono essere amministrati più volte alla stessa persona. Gli altri quattro non imprimono il carattere e quindi è ammesso ripeterli.

Primo di tutti i sacramenti è il battesimo, porta d’ingresso alla vita spirituale; per mezzo di esso diventiamo membra del Cristo e del corpo della chiesa. E, come a causa del primo uomo la morte è entrata nel mondo (Cfr. Rm 5, 12), se noi non rinasciamo da acqua e da Spirito, non possiamo, come dice la Verità, entrare nel regno di Dio (Cfr. Gv 3, 5). Materia di questo sacramento è l’acqua pura e naturale, non importa se calda o fredda. La forma sono le parole: "Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo". Non neghiamo, però, che anche con le parole: "Sia battezzato il tale servo di Cristo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo"; o con le altre: "Il tale con le mie mani viene battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo”, si amministri il vero battesimo. Infatti, la causa principale, da cui il battesimo trae la sua efficacia, è la ss. Trinità, mentre la causa strumentale è il ministro che esteriormente conferisce il sacramento; se l'atto, compiuto dallo stesso ministro, si esprime con l'invocazione della santa Trinità, si ha un vero sacramento. Ministro di questo sacramento è il sacerdote, cui, per ufficio, compete battezzare; ma in caso di necessità può amministrare il battesimo non solo un sacerdote o un diacono, ma anche un laico, una donna e persino un pagano o un eretico, purché usi la forma della chiesa e intenda fare ciò che fa la chiesa. Effetto di questo sacramento è la remissione di ogni colpa originale e attuale e di ogni pena relativa. Non si deve, quindi, imporre ai battezzati nessuna penitenza per i peccati precedenti al battesimo e quelli che muoiono prima di commettere qualche colpa sono subito accolti nel regno dei cieli e ammessi alla visione di Dio.

Il secondo sacramento è la confermazione, la cui materia è il crisma, benedetto dal vescovo, composto di olio, ad indicare lo splendore della coscienza, e di aroma, a indicare il profumo della buona fama. Forma sono le parole: "Ti segno col segno della croce, e ti confermo col crisma della salvezza, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo". Ministro ordinario è il vescovo. Ε mentre per le altre unzioni basta un semplice sacerdote, questa può conferirla solo il vescovo, perché solo degli apostoli, di cui i vescovi fanno le veci, si legge che davano lo Spirito santo con l'imposizione delle mani, come mostra la lettura degli Atti degli Apostoli: Frattanto gli apostoli che erano a Gerusalemme seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni. Essi discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito santo; non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del signore Gesù. Allora imposero loro le mani e questi ricevettero lo Spirito santo (At 8, 14-I7). La confermazione, nella chiesa, tiene proprio il luogo di quella imposizione delle mani. Si legge, tuttavia, che qualche volta, con dispensa della Sede apostolica e per un motivo ragionevole e urgentissimo, anche un semplice sacerdote abbia amministrato il sacramento della confermazione col crisma consacrato dal vescovo. Effetto di questo sacramento è che il cristiano possa coraggiosamente confessare il nome di Cristo; infatti per mezzo suo viene conferito lo Spirito santo per rendere forti, come agli apostoli il giorno di Pentecoste (Cfr. At 2). Perciò il confermando viene unto sulla fronte, dove alberga il senso di vergogna, perché non arrossisca nel confessare il nome del Cristo e soprattutto la sua croce, che, secondo l'Apostolo, è scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani (1 Cor 1, 23), per cui viene segnato col segno della croce.

Il terzo sacramento è l'eucarestia, la cui materia è il pane di frumento e il vino di uva, al quale prima della consacrazione deve aggiungersi qualche goccia d'acqua. Si unisce l'acqua perché, secondo le testimonianze dei santi padri e dottori della chiesa, esposte nelle precedenti discussioni, si crede che il Signore stesso abbia usato vino misto a acqua nell'istituzione di questo sacramento, e anche perché questo si addice al memoriale della passione del Signore. Dice infatti il beato papa Alessandro, quinto dopo il beato Pietro: "Nelle offerte dei sacramenti, che vengono presentate al Signore durante la messa, siano offerti in sacrificio solo il pane e il vino misto a acqua. Non si deve, infatti, offrire nel calice del Signore o solo il vino o solo l'acqua, ma l'uno e l'altra insieme, perché si legge che l'uno e l'altra, cioè il sangue e l'acqua, sono sgorgati dal fianco di Cristo" (Cfr. Gv 19, 34); questo sta anche a significare l'effetto di questo sacramento che è l'unione del popolo cristiano a Cristo. L'acqua, infatti, significa il popolo, secondo l'espressione dell'Apocalisse: malte acque, molti popoli (Cfr. Ap 17, 15). Ε papa Giulio, il secondo dopo il beato Silvestro, dice: “Il calice del Signore deve essere offerto, secondo le disposizioni dei canoni, con acqua e vino mescolati, perché nell'acqua si prefigura il popolo e nel vino si manifesta il sangue di Cristo; quando dunque si mischia nel calice l'acqua col vino, si unisce il popolo a Cristo, e il popolo fedele si congiunge e si unisce con colui nel quale crede”. Se, dunque, sia la santa chiesa romana, istruita dai beatissimi apostoli Pietro e Paolo, sia tutte le altre chiese latine e greche, illuminate da splendidi esempi di santità e dottrina, hanno osservato fin dall'inizio della chiesa e osservano ancora, questo rito, sembrerebbe scorretto che altre regioni dissentano da quanto è universalmente osservato e razionalmente fondato. Stabiliamo, quindi, che anche gli Armeni si conformino a tutto il resto del mondo cristiano, e che i loro sacerdoti nell'offrire il calice aggiungano qualche goccia d'acqua al vino, come si è detto. Forma di questo sacramento sono le parole con cui il Salvatore l'ha consacrato. Il sacerdote, infatti, consacra parlando in persona Christi. Ε in virtù delle stesse parole la sostanza del pane si trasforma in corpo di Cristo, e la sostanza del vino in sangue. Ciò avviene però in modo tale che tutto il Cristo è contenuto sotto la specie del pane e tutto sotto la specie del vino e, se anche questi elementi venissero divisi in parti, in ogni parte di ostia consacrata e di vino consacrato vi è tutto il Cristo. L'effetto di questo sacramento, che si opera nell'anima di chi lo riceve degnamente, è l'unione dell'uomo al Cristo. Ε poiché per la grazia l'uomo viene incorporato al Cristo e unito alle sue membra, ne consegue che questo sacramento, in coloro che lo ricevono degnamente, aumenta la grazia e produce nella vita spirituale tutti gli effetti che il cibo e la bevanda materiale producono nella vita del corpo, cioè lo alimentano e lo fanno crescere, lo ristorano e gli procurano piacere. In questo sacramento, come dice papa Urbano, facciamo memoria con animo grato del nostro Salvatore, siamo distolti dal male, confortati nel bene e progrediamo in virtù e grazia.

Il quarto sacramento è la penitenza, di cui per così dire gli atti del penitente sono la materia, distinti in tre gruppi: il primo di essi è la contrizione del cuore, che consiste nel dolore del peccato commesso accompagnato dai proposito di non peccare in avvenire. Il secondo è la confessione orale, nella quale il peccatore confessa integralmente al suo sacerdote tutti i peccati di cui ha memoria. Il terzo è la penitenza per i peccati, secondo quanto stabilisce il sacerdote. Si soddisfa a ciò specialmente con la preghiera, col digiuno e con l'elemosina. Forma di questo sacramento sono le parole dell'assoluzione, che il sacerdote pronuncia quando dice: "Io ti assolvo". Ministro di questo sacramento è il sacerdote, che può assolvere con autorità ordinaria o delegata dal proprio superiore. Effetto di questo sacramento è l'assoluzione dai peccati.

Quinto sacramento è l'estrema unzione, la cui materia è l'olio d'oliva benedetto dal vescovo. Questo sacramento deve essere amministrato solo a un infermo di cui si teme la morte; egli deve essere unto in queste parti: negli occhi, per la vista, nelle orecchie, per l'udito, nelle narici, per l’odorato, nella bocca, per il gusto e la parola, nelle mani, per il tatto, nei piedi, per il movimento, nei reni, per il piacere, che lì risiede. La forma del sacramento è questa: "Per questa unzione e per la sua piissima misericordia, il Signore ti perdoni tutto ciò che hai commesso con la vista", e espressioni simili si pronunceranno nell'ungere le altre parti. Ministro di questo sacramento è il sacerdote. Effetto è la salute della mente, e, se giova all'anima, anche quella del corpo. Di questo sacramento il beato apostolo Giacomo dice: Chi è malato chiami a sé i presbiteri della chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio nel nome del Signore. Ε la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà: e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati (Gc 5, 14-15).

Il sesto è il sacramento dell'ordine. Materia di esso è ciò la cui consegna conferisce l'Ordine. Così il presbiterato è trasmesso con la consegna del calice col vino e della patena col pane; il diaconato con la consegna del libro degli Evangeli; il suddiaconato, con la consegna di un calice vuoto con sopra una patena vuota. Ε così per gli altri gradi del sacerdozio vale la consegna delle cose inerenti al ministero relativo. La forma del sacerdozio è la seguente: "Ricevi il potere di offrire il sacrificio nella chiesa, per i vivi e per i morti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo". Per gli altri ordini si userà la forma riportata per esteso nel pontificale romano. Ministro ordinario di questo sacramento è il vescovo. L'effetto consiste nell'aumento della grazia, perché l'ordinato sia un degno ministro di Cristo:

Settimo è il sacramento del matrimonio, simbolo dell'unione di Cristo e della chiesa, secondo le parole dell’Apostolo: Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa (Ef. 5, 32). Causa efficiente del sacramento è, secondo la regola, il mutuo consenso, espresso oralmente di persona. Triplice è lo scopo del matrimonio: il primo, consiste nell'accettare la prole e educarla al culto di Dio; il secondo nella fedeltà, che un coniuge deve osservare nei confronti dell'altro; il terzo nella indissolubilità del matrimonio, perché essa significa la unione indissolubile di Cristo e della chiesa. Infatti, sebbene a causa della infedeltà sia permesso un regime di separazione, non è lecito, però, contrarre un altro matrimonio, poiché il vincolo del matrimonio legittimamente contratto è perpetuo.

In sesto luogo offriamo agli ambasciatori quella sintetica professione di fede composta dal beato Atanasio, il cui testo è il seguente:

"Chiunque voglia essere salvato deve custodire la fede cattolica, chi non l'avrà custodita integra e intatta, senza dubbio, andrà alla perdizione eterna. Questa è la fede cattolica: venerare un unico Dio nella Trinità e la Trinità nell'unità senza confondere le persone né separare la sostanza. Una è infatti la persona del Padre, un'altra quella del Figlio e un'altra quella dello Spirito santo, ma unica è la divinità, uguale è la gloria, coeterna la maestà del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Quale è il Padre, tale è il Figlio è tale è lo Spirito santo. Increato è il Padre, increato e il Figlio, increato lo Spirito santo. Immenso è il Padre, immenso è il Figlio, immenso lo Spirito santo. Eterno è il Padre, eterno è il Figlio e eterno lo Spirito santo. Ε tuttavia non sono tre eterni ma un unico eterno. Non tre increati ma un unico increato e un unico immenso. Allo stesso modo onnipotente è il Padre, onnipotente è il Figlio, onnipotente lo Spirito santo. Ε tuttavia non sono tre onnipotenti ma un unico onnipotente. Così il Padre è Dio; il Figlio è Dio, lo Spirito santo è Dio. Ε tuttavia non sono tre dei, ma un unico Dio. Così il Padre è Signore, il Figlio è Signore, lo Spirito santo è Signore. Ε tuttavia non sono tre signori ma un unico Signore. Perché, come siamo indotti dalla verità cristiana a confessare che ciascuno singolarmente è Dio e Signore, così ci è vietato dalla religione cattolica affermare tre dei o tre signori. Il Padre non è stato fatto, né creato, né generato da nessuno. Il Figlio è dall'unico Padre, non fatto, non creato, ma generato. Lo Spirito santo è dal Padre e dal Figlio, non fatto, non creato, non generato, ma soltanto procede. Vi è dunque un unico Padre e non tre Padri, un unico Figlio e non tre Figli, un unico Spirito santo e non tre Spiriti santi. Ε in questa trinità non vi è nessuno che sia anteriore o posteriore, nessuno maggiore o minore, ma tutte e tre le persone sono coeterne ed eguali tra di loro. Così, come già si è detto, in tutte le cose dobbiamo venerare l'unità nella trinità e la trinità nell'unità. Chi perciò vuole essere salvato abbia tale sentire sulla trinità.

Ma è necessario per l'eterna salvezza che creda fedelmente anche l'incarnazione del signore nostro Gesù Cristo. Perciò la retta fede consiste nel credere e confessare che il signore nostro Gesù Cristo Figlio di Dio é Dio e uomo. È Dio dalla sostanza del Padre, generato prima di tutti i secoli, uomo dalla sostanza della madre nato nel tempo. Dio perfetto, uomo perfetto con un'anima razionale e una carne umana. Uguale al Padre nella divinità, interiore al Padre nell'umanità. Ε benché sia Dio e uomo, non è due ma un unico Cristo. È uno non per mutamento della divinità nella carne, ma per assunzione dell'umanità in Dio. Assolutamente uno, non per confusione della sostanza ma per unità della persona: come infatti l'anima razionale e la carne formano un solo uomo così Dio e uomo formano un solo Cristo. Il quale ha sofferto per la nostra salvezza, discese agli inferi, il terzo giorno resuscitò dai morti, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, da dove verrà a giudicare i vivi e i morti. Alla sua venuta tutti gli uomini risorgeranno con i loro corpi e renderanno conto delle loro azioni. Ε quelli che avranno fatto il bene andranno alla vita eterna, quelli che avranno fatto il male al fuoco eterno.

Questa è la fede cattolica: chi non vi crede fedelmente e saldamente non potrà essere salvato."

In settimo luogo diamo a essi il decreto d'unione coi Greci, già promulgato in questo sacro concilio ecumenico florentino, il cui testo inizia con le parole: Laetentur coeli ….

Ottavo: avendo discusso con gli Armeni, tra le altre cose, anche delle date in cui celebrare l'annunciazione della beata vergine Maria, la natività di S. Giovanni Battista, e, di conseguenza, la natività e circoncisione del signore nostro Gesù Cristo e la sua presentazione al tempio, cioè la purificazione della beata vergine Maria, è stata dimostrata abbastanza chiaramente la verità, sia in base alle testimonianze dei santi padri, che in base alla consuetudine della chiesa romana e di tutte le altre sia latine che greche. Per evitare, dunque, difformità tra i cristiani nella celebrazione di feste così solenni, in modo da non turbare i rapporti di carità, stabiliamo, conformemente alla verità e alla ragione, che, anche gli Armeni, come tutto il resto del mondo, debbano solennemente celebrare la festa dell'annunciazione della beata vergine Maria il 25 marzo; la natività di S. Giovanni Battista, il 24 giugno; la nascita nella carne del nostro Salvatore, il 25 dicembre; la sua circoncisione, il primo gennaio; l'epifania, il 6 dello stesso mese; la presentazione del Signore al tempio, cioè la purificazione della madre di Dio, il 2 febbraio.

Dopo che fu definito tutto questo, i predetti ambasciatori degli Armeni, a nome proprio, del loro patriarca e di tutti gli Armeni, accettano, ricevono e abbracciano con ogni devozione e obbedienza questo decreto sinodale portatore di salvezza, con tutti i suoi capitoli, dichiarazioni, definizioni, insegnamenti, precetti e statuti e tutta la dottrina in esso contenuta, nonché tutto quello che ritiene e insegna la santa Sede apostolica e la chiesa romana.

Essi inoltre accettano con venerazione i dottori e i santi padri approvati dalla chiesa romana. Qualsiasi persona o dottrina da questa approvata e condannata, anch'essi la considerano riprovata e condannata, promettendo, anche a nome di quelli sopra indicati, come veri figli obbedienti, di ottemperare fedelmente agli ordini e ai comandi della Sede apostolica.

[…]

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*G. Alberigo, G.L. Dossetti, P.-P. Joannou, C. Leonardi, P. Prodi, H. Jedin (a cura di), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, edizione bilingue, Centro editoriale dehoniano, Bologna, 2013, pp. 534-559.



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